Una tragicommedia kafkiana, la discesa agli inferi di un piccolo borghese che improvvisamente diventa “Lo Straniero”.
testo e regia Marco Di Stefano
drammaturgia Chiara Boscaro
con Domenico Pugliares
canzoni e musiche originali Giovanni Gioia
assistente alla regia Cristina Campochiaro
progetto grafico e visivo Mara Boscaro
un progetto La Confraternita del Chianti
una produzione Associazione Interdisciplinare delle Arti/Ass. Cult. K. con il contributo di Suq Festival Genova
in collaborazione con
Infallible Productions/Draper Hall (Londra)
Teatro Verdi – Teatro del Buratto
progetto finalista E45 Napoli Fringe Festival 2014
debutto 19 Giugno 2017 – SUQ Festival (Genova)
Colui che dovrà morire sarà messo a morte
sulla deposizione di due o di tre testimoni;
non sarà messo a morte sulla deposizione di un solo testimone.
La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui;
poi la mano di tutto il popolo;
così allontanerai il male da te.
[Deuteronomio, 17, 6-7]
Il nostro Deuteronomio è la storia di un uomo medio, banale, cui piacciono le canzoni e le bistecche al sangue. Vive in un centro medio-piccolo di un Paese medio-ricco, in una villetta a schiera medio-nuova, con una famigliola medio-serena e un cane medio-obeso. È un immigrato, è un italiano, ma se uno lavora e si fa i fatti suoi, che problema c’è? C’è che la tragedia colpisce il centro medio-piccolo. Una bambina viene rapita, orribilmente abusata e uccisa, e sullo straniero cade il sospetto, non solo quello della polizia, delle forze dell’ordine, ma anche quello dei benpensanti, quello dei rispettabili professionisti, quello della gente normale come lui. Un uomo credeva di aver trovato una normalità, ma ora si vede additato, e perde ogni diritto di appartenenza al consesso civile: il diritto al saluto, il diritto al giornale fresco di stampa, il posto in fila al supermercato, la serenità di una famiglia. Il nostro Deuteronomio è una tragicommedia kafkiana, la discesa agli inferi di un piccolo borghese che improvvisamente perde la presunzione d’innocenza, perde il suo nome, perde il suo status, per trovarsi a essere solo “Lo Straniero”.
Rassegna Stampa
“Una prova inconfutabile, se questi sono gli interpreti, che il giovane teatro italiano è più vivo che mai ed è in ottima forma.
Si chiude così un progetto internazionale (questo capitolo è prodotto in collaborazione con SuqFestival di Genova e Infallible Production Draper Hall di Londra) intenso, denso di contenuto e curato nella forma, che in tutte e cinque le pièce che lo compongono ha dimostrato una qualità notevole per interpreti, testi e messa in scena.”
(Chiara Palumbo, www.artapartofculture.net)
“Deuteronomio chiude un percorso triennale tanto ambizioso quanto riuscito della giovane compagnia milanese. Che inserisce il tema della diversità e dell’estraneità all’interno del nesso inestricabile tra memoria e oblio. Nei racconti, nelle manifestazioni, nelle teche, tutto sembra parlare a favore della memoria, la quale, a differenza dell’oblio, gode di una trattatistica persino esuberante. Il merito della Confraternita del Chianti sta nella capacità rara di legare la memoria al presente al mito, superando il polveroso amarcord, a un livello di consapevolezza volto a rinnovare la mentalità corrente e a progettare il futuro.”
(Vincenzo Sardelli, KLP)