Diego, tu che ne pensi?

Napoli è una di quelle città delle quali non sai mai se apprezzi di più la bellezza degli scorci naturali che puoi trovarci; la straordinaria varietà di monumenti e opere artistiche di valore; la schiettezza, il sorriso, la simpatia e l’accoglienza dei suoi abitanti o la prelibatezza della sua cucina. Ammetto che, in tutta onestà, la competizione tra questi suoi aspetti rimane viva e difficile da risolvere, seppure la fame atavica degli attori, che in quanto tale ci perseguita da sempre, tenderebbe a far risaltare la vittoria della tavola imbandita. Forse per questo non vi parlerò del Cristo velato (anche perché sarebbe difficile una volta rimasto senza parole vedendolo), ma vi parlerò della pizza mangiata in via dei Tribunali (margherita), ma anche di quella mangiata da asporto a casa (salsiccia e friarielli), del caffè bevuto in un bar con i capelli di Maradona esposti in una teca, della sfogliatella gustata passeggiando nei dintorni di Santa Chiara, delle superbe torte salate mangiate da Rossella, dell’irripetibile pasta al ragù napoletano di Teresa, con tanto di secondo di carne e friarielli, della pasta al forno di Pippo e del vino che ha aiutato tutte queste cose a trovare la via dello stomaco. Vi parlerò anche di un posto che si chiama “Il ritrovo dei sapori”, di fronte alla stazione centrale, dove ho acquistato una mozzarella (da mezzo chilo) e una provola (da un chilo e mezzo) memorabili. Infine, per espiare, vi farò una confessione. Non avevo mai letto un libro di Erri De Luca. Mi ero ripromesso di leggerne uno, specie dopo le vicissitudini che l’autore ha dovuto subire, legate alla TAV. Se non ne sapete nulla cercatelo in google. Quale posto migliore di Napoli, per acquistare un libro di Erri De Luca? Ho dato un’occhiata veloce ai titoli e ho avuto pochi dubbi. “Il giorno prima della felicità”. Preso. Letto. Piaciuto. E resto fermamente convinto che l’autore si riferisce al giorno prima di tornare a Napoli.

Chiara, un pensiero sulla città?

Siamo tre giorni in tournée a Napoli. Siamo in scena con ESODO pentateuco #2 dagli amici di Sala Teatro Ichos, a San Giovanni a Teduccio.
Mi pungola l’amara consapevolezza che non riuscirò ad assaggiare tutto quello che vorrei, ma la vita è così, se ne fugge via lasciandoti con l’acquolina in bocca. E poi so già che presto qui ci torneremo, il Progetto Pentateuco ha altri quattro titoli.
L’unica speranza che nutro, nel fondo del cuoricino, è di riuscire a carpire almeno uno dei segreti custoditi golosamente da questa città. La domanda è sempre la stessa, “come si fa?”. Come si fa il caffè? Come si fa la pasta patate e provola? Come si fa la pizza? Come si fa la pastiera? Come si fa il ragù? Come si fa? Come si fa? Come si fa?
Beh. Una risposta ora ce l’ho.

“Si scalda.”
Si scalda la mozzarella.
Si scalda la provola.
Si scalda il tarallo.
Si scalda la sfogliatella.
Si scalda il casatiello.
E ora anche il mio cuoricino.

Margherita, tu che non c’eri, cosa vuoi dire?

#vedinapoliepomuori
E quindi, per evitare che si avveri, a Napoli non ci sono mai stata. Se non 35 minuti quella volta che andavo al matrimonio di Zio a Sorrento. Abbiamo fatto concentramento lì con tutti i parenti del nord e ci siamo spostati a Palma Campania in pullman proprio come la tifoseria di una squadra di calcio. Solo, con le chitarre, perché dovevamo fare la controserenata con Iannacci alla sposa.
Insomma, ci sono passata ma con gli occhi chiusi. Neanche il tempo di una sfogliatella!
E quindi ora perché dovrei desiderare di essere lì? Perché dovrei voler rischiare il tutto per tutto?
Per il tarallo.
Il tarallo napoletano con una birra fresca, questo è tutto ciò che desidero, ora lo so.
Sono due ore che li aspetto in stazione, devo aiutarli con lo scarico della scenografia a Manifattura K. Devo aspettarli, devo accompagnarli a Manifattura K. sfidando il traffico delle 18 in uscita da Milano, devo aiutare a scaricare e mettere tutto in magazzino.
Solo allora potrò allungare una mano tremante e pretendere ciò che mi spetta.
Il tarallo.
Me l’hanno promesso.
Sarà mio.

Stefano, tu a Napoli sei “in prestito” (da Karakorum Teatro), hai un’ultima considerazione da fare?

Burp.

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