A partire da una storia di famiglia, Giulia Versari si trasforma in una moderna Medea calabrese. Molto, molto, molto arrabbiata.
di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano
regia Marco Di Stefano
drammaturgia Chiara Boscaro
con Giulia Versari
musiche originali Lorenzo Brufatto
eseguite e registrate dall’ensemble da camera Il Canto Sospeso
registrazioni audio Matteo Munaretto
assistente alla regia Cristina Campochiaro
progetto grafico e visivo Mara Boscaro
un progetto La Confraternita del Chianti
una produzione Associazione Interdisciplinare delle Arti/Ass. Cult. K.
in collaborazione con
Teatro Verdi – Teatro del Buratto
Perpetuum e Nau Ivanow (Barcellona, Spagna)
si ringraziano Euripide e Seneca
con il contributo di NEXT-laboratorio delle idee 2019 Regione Lombardia
debutto 10 Maggio 2017 – TEATRO VERDI (Milano)
Non contaminerete la terra dove sarete, perché il sangue contamina la terra
e per la terra non vi è espiazione del sangue che vi è stato sparso,
se non mediante il sangue di chi l’ha versato.
Non contaminerete dunque la terra che andate ad abitare
e in mezzo alla quale io dimorerò; perché io sono il Signore.”
(Numeri, 35, 33-34)
Numeri è il censimento del Popolo. Numeri sono quelli che sono dentro, numeri sono quelli che rimangono fuori. I clandestini. Ma la clandestinità non è solo una questione statistica, per Medea è una questione di famiglia. Lo sposo, come tanti calabresi, è andato in Argentina a lavorare dieci anni fa. Manda regolarmente soldi per lei e i figli, ma la lettera per invitarla a raggiungerlo, quella non arriva mai. Medea aspetta, aspetta, aspetta ma dopo dieci anni comincia a sentirsi presa in giro. Compra tre biglietti per la nave grande che taglia l’oceano e si mette in viaggio con i figli. Quando arrivano a Buenos Aires cercano gli italiani tra gli argentini, i calabresi tra gli italiani e Giasone tra i calabresi, ma le dicono che Giasone non è più italiano né calabrese. Si è trovato una sposa argentina. Una ricca. Una “principessa”. E Medea si arrabbia. E quando si arrabbia, Medea è “la prova vivente che gli dei non esistono”.
Rassegna stampa
“Giulia Versari è, sulla scena, una calabrese intensa e perfetta, essenziale nei modi, nelle espressioni e nella lingua, una Medea suadente e rabbiosa, lucida e pazza.”
(Fulvio Fulvi, L’Avvenire)
“La regia di Marco Di Stefano tratteggia una scena che si serve di elementi semplici e di impatto, dove i colori forti e le luci a tratti violente contrastano con il nero cupo della vicenda e della protagonista. (…) Una riscrittura dove trovano spazio passaggi testuali di una finezza lessicale sorprendente, in una efficace unione fra linguaggio alto che avoca la tragedia antica e la concretezza sanguigna del suono della lingua della terra, di un dialetto vitalissimo. Un capitolo, questo quarto, che è debitore in modo particolare della voce della sua protagonista, Giulia Versari. Un’interprete che riempie la scena mescolando i registri, dall’ironico al patetico.”
(Chiara Palumbo, www.artapartofculture.net)
“Di questo spettacolo interpretato magnificamente da Giulia Versari, restano le atmosfere cupe, i flash vibranti, i colori accesi creati dalla regia di Marco Di Stefano, mente la riscrittura di Boscaro sorprende per freschezza e icasticità. L’ironia si coniuga ai lati oscuri, ai retroscena orridi dell’animo umano. La felicità è un miraggio quando si colloca in una dimensione tutta terrestre e archetipica.”
(Vincenzo Sardelli, Studi Cattolici)
““Numeri” si configura già come un intenso monologo interpretato da Giulia Versari, che prende spunto da una vicenda di famiglia della stessa attrice, di origine calabrese, che si svolge in Argentina e ha tratti sorprendentemente comuni con Medea.”
(Mario Bianchi, KLP)