“Gli piaceva pure il suo lavoro e una mezza dozzina di paisani che, come lui, erano italiani del genere dittatoriale. Era un perfetto artigiano la cui fantasia e perizia sembravano essersi concentrate in quelle mani meravigliosamente forti, e benché si definisse un impresario edile, io m’ero abituato a considerarlo uno scultore, perché a una pietra poteva dare la forma d’un uomo, o d’un animale. Era un muratore superbo, veloce, preciso. Ma anche un eccellente falegname, stuccatore e cementiere. Provava un grande disprezzo per se stesso, e tuttavia era orgoglioso, e perfino presuntuoso. Nick Molise era convinto che ogni mattone che aveva posato, ogni pietra che aveva modellato, ogni marciapiede o muro o caminetto che aveva costruito, ogni lastra tombale che aveva ideato appartenessero alla posterità.”
John Fante, La Confraternita del Chianti